Premesse
Il processo di depurazione a fanghi attivi, è stato messo in esercizio, per la prima volta, nel 1914, in Inghilterra, grazie ai brillanti studi condotti da E. Arden e W. T. Lockett (il primo impianto iniziò regolarmente il suo esercizio, nel 1927 a Milwaukee negli USA). Questi, sottoponendo le acque reflue urbane ad aerazione, separarono dall’effluente una specie di fanghiglia che si era formata durante il trattamento ossidativo, per la crescita di microrganismi aerobi; la posero in una vasca, contenente altra acqua reflua, e proseguirono l’aerazione. Notarono che, ripetendo più volte l’operazione, l’attività biologica del fango veniva sempre più stimolata: permetteva, cioè, di ottenere una notevole efficacia depurativa (⇒ biodegradazione della sostanza organica), in uno spazio ridotto ed in un tempo sempre più breve. Il segreto del successo di trattamento a fanghi attivi, risiede nel fatto che la flora microbica, utilizzata per risanare le acque reflue contenenti inquinanti carboniosi organici biodegradabili e nutrienti (COD, N e P), anziché rimanere dispersa nell’effluente trattato, tende ad agglomerarsi, per adsorbimento e bioflocculazione, formando ammassi fangosi di natura fioccosa (popolati da microrganismi vivi ed attivi) detti, appunto, fiocchi di fango attivo, che, in condizioni di quiete,
possono essere estratti per semplice decantazione (f. di supero) e, inoltre, essere riutilizzati (f. di ricircolo) e mescolati con le nuove acque reflue in arrivo (M. Floccia, 1982).
Definizioni e finalità
Il processo di depurazione biologico a fanghi attivi, è un sistema aerobico controllato a biomassa sospesa, la cui finalità è quella di raggiungere due obiettivi strettamente connessi:
Separare il materiale disciolto e sospeso nelle acque reflue dalla fase acquosa “normalizzata” in scarico;
Formare fiocchi pesanti che possono sedimentare rapidamente.
I principi fondamentali che ne permettono il raggiungimento, possono essere riassunti nei quattro punti indicati nella successiva Tabella 1 (L. Cingolani et Al., 1996).
A somiglianza di ogni altro sistema biologico, nell’ecosistema artificiale “impianto di depurazione”, si può individuare una struttura (componenti e fattori) ed un funzionamento (nello spazio e nel tempo), (P. Madoni, 1988).
Caratteristiche
Un processo di depurazione biologico a fanghi attivi, con rimozione del carbonio e dei nutrienti (in primo luogo: N e P) si realizza in un sistema costituito da:
■ Una vasca di denitrificazione;
■ Una vasca di nitrificazione e biossidazione del carbonio;
■ Un circuito di ricircolo (fanghi e miscela aerata) e di allontanamento della biomassa di supero;
■ Adeguati sistemi di miscelazione ed aerazione.
Uno schema semplificato di un impianto di depurazione a fanghi attivi è mostrato in Figura 1 (L. Fanizzi, 2005). Le fasi iniziali del processo (grigliatura, dissabbiatura, disoleazione ed equalizzazione), importanti nella gestione concreta ma non influenti sul vero e proprio processo biologico, vengono tralasciate per mettere
meglio a fuoco i rapporti che intercorrono tra i bioreattori, il sedimentatore secondario (o c.d. finale) e la ricircolazione sia del fango che della miscela aerata, nell’andamento del processo.
La biomassa attiva è prodotta in continuo all’interno dei bioreattori utilizzando l’energia accumulata a seguito della degradazione (anossica ed aerobica) del substrato organico introdotto con l’influente e di parte della stessa biomassa (catabolismo) ed assimilando parte della sostanza organica e dei nutrienti, presenti nel
sistema per sintetizzare nuovo materiale cellulare (anabolismo). La biomassa accumulata nei bioreattori combinati (c.d. nitro-denitro) che, insieme alle acque reflue da trattare, costituisce la cosiddetta “miscela aerata”, viene mantenuta in sospensione a scapito di energia meccanica e reintegrata mediante gli specifici
dispositivi di ricircolo (fanghi e mixed liquor). La caratteristica importante e principale del processo a fanghi attivi è, quindi, quella di offrire al gestore la possibilità di variare le condizioni processuali, nei bireattori attraverso la reimmissione, in essi, del fango prodotto. In questo caso, infatti, si può separare il tempo di ritenzione idraulica della fase acquosa, da quello del fango (detto tempo di residenza cellulare od età del fango; E. de Fraja Frangipane et Al., 1994) modificando, così, il rapporto tra la concentrazione della biomassa attiva e la concentrazione del substrato influente all’impianto (c.d. rapporto “F/M”; L. Cingolani et Al., 1996).
Dimensionamento
Sebbene negli ultimi anni siano stati sviluppati diversi modelli matematici interpretativi dei processi biologici a fanghi attivi, nei capitoli successivi si propone un criterio di dimensionamento semplificato ma estremamente rigoroso, che utilizza parametri globali e di semplice determinazione, limitando il ricorso ad aspetti biochimici, per quanto riguarda le sole determinazioni del quantitativo di fanghi di supero prodotti e del consumo di ossigeno necessario per l’attività batterica aerobica (nitrificazione e biossidazione).
Fonte
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